La Sla…la mosca il prurito e altri fastidi

A un mio amico, anni fa, fu diagnosticato, e tra i vari medici consultati, soltanto tra quelli “indovinò” la diagnosi e senza giri di parole, disse: – Lei ha la sindrome laterale amiotrofica o sla. –

Lui e la moglie, che lo accompagnava, rimasero interdetti e confusi. Si sentirono persi, quasi non riuscivano a camminare e avviarsi verso l’uscita dello studio. Quel medico spiegò cosa fosse la sla e a cosa portava. Oltre che basiti rimasero raggelati. E lo sconforto li avvolse.

Lui, il mio amico, che chiamerò Giulio, lavorava in un ospedale della nostra città in qualità di caposala. Insomma da quel momento sapeva a cosa andava incontro, anche perché si documentò. Lo aspettavano cose molto brutte, ma non cedette alla disperazione di un gesto tragico come il suicidio, però soffriva, e molto.

Quel medico oltre a diagnosticargli quella malattia gli disse anche anche aveva un anno di vita. Terribile che un medico, non tutti, dica apertamente quanto tempo ha da vivere un ammalato. Ci sono delle scuole di pensiero a tal proposito, nel senso di dire al paziente tutto, senza nascondergli nulla. Forse lo fanno anche per avere una reazione da parte del malato. Giulio e sua moglie rimasero scioccati da quella sorte di sentenza senza appello.

Passarono dei mesi e Giulio peggiorava sempre di più. Arrivò il momento che non riusciva a camminare normalmente. Poi ridusse le uscite di casa. Poi gli comprarono una sedia a rotelle. Sia gli arti superiori che inferiori non riuscivano più ad essere usati nelle cose più semplici. Giunse il momento che non riusciva a usare come aveva fatto normalmente forchetta, cucchiaio o coltello e a mangiare da solo. Bisogna imboccarlo. E altrettanto per le pulizie intime e ad esempio vestirsi o mettersi a letto per dormire… Il disagio e la disperazione aumentavano. In questi casi sia la persona ammalata sia i parenti e gli amici si pongono dei problemi se ricevere e andare a fargli visita al malato per non trovarsi in imbarazzo. Giulio invece voleva che tutti, compresi gli amici, andassero a stare con lui.

Giulio sapeva che non solo gli arti non rispondevano ai comandi e agli stimoli del cervello, ma sapeva che sarebbe venuto il momento che poteva subire anche una tracheostomia per non farlo soffocare, ma in questi casi, cioè quando si tratta della sla il problema è a monte, quindi anche praticando una stomia tracheale il paziente non trova giovamento: praticamente è il centro della respirazione a paralizzarsi.

Poco prima della sua ultima estate, quando io e mia moglie andammo a fargli visita, ci raccontò, e si capiva poco di quel che diceva, e in questo ci aiuto la sorella che “traduceva” quel che Giulio tentava di pronunciare, che Giulio aveva sofferto moltissimo, una sorta di lenta insopportabile tortura a causa di una mosca che lo tormentava ora su un braccio ora su una gamba ora sul viso o sulle labbra o sugli occhi. Quella volta era da solo poi quando arrivò la sorella lo liberò da quella stupida mosca, ma che un essere umano non riesca perché immobilizzato dalla malattia a scacciare una stupida insistente mosca, vuol dire dipendere dagli altri e che, innanzitutto, è giunto il momento.

Il medico sbagliò la dipartita di Giulio solo di due mesi, ma poi Giulio morì.

 

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