L’immagine, la figura di un bambino, sporco e lercio con indosso un vestito di stracci, e si dovrebbe dire solo bambino, ma è un bambino nero, quindi doppiamente trasfigurata dalla presenza assenza. Immagine o figura, non corpo, solo un disegno che lo straccio imbevuto d’acqua e il trascorrere del tempo calpestato dai piedi indaffarati o svelti e in ritardo di chi sale e chi scende scale cancellerà. Il bambino che non esiste è seduto sull’ultimo gradino, ancora una volta, forse per l’ultima volta. Calza scarpe di plastica o di cartone. Le braccia lungo i fianchi e le mani sull’ultimo gradino. Ha gli occhi chiusi. La bocca serrata in un addio autodidatta. E consuma senza calore umano né del cibo nel silenzio la storia di chi fu, è la breve esistenza e non sarà che un immagine, una figura.