E’ in questa casa che è successo il fatto. Tutti, giornali, radio, opinione pubblica, testimoni indiretti e persino gli inquirenti, in un primo momento, hanno pensato che a uccidere l’uomo fosse stata la ragazza, quella trovata in quella casa, impietrita, muta e ancora tremante. Fu l’unica volta in cui la ragazza aveva oltrepassato la soglia di casa del suo spasimante. L’uomo, ottenuto lentamente la fiducia della ragazza, bella ma travagliata nel corpo, volle dimostrarle il suo amore, sapendo come sarebbe andata a finire. Lei lo rispettava ma non volle accettare le sue proposte d’amore. E l’uomo, per non offenderla, ferirla o ucciderla, mise in atto il suo piano. A rimetterci non sarebbe stata lei, ma lui e nessun altro. Quando nella casa accorse la polizia lo trovò in cucina, in una pozza di sangue. La scena appariva come una di quei telefilm che impazzano in Tv, ma stavolta non era una finzione filmica o teatrale, perché certe morti sono anche rappresentazione teatrali, in cui le luci e le voci e i silenzi attraggono gli spettatori, l’uomo aveva un coltello conficcato nel cuore. Anche quell’ultimo atto fu un segnale, coerente e da ultimo amore.