I tuoi seni un invito. Uno spettacolo per gli occhi e i sensi. Strappi baci alla passione. Seduci il mondo. La tua pelle illuminata dalla luna.Hai gli occhi semichiusi, bocca ebbra. Le pupille perle incastonate nella perfezione di luce; i denti candidi, le ciarle dell’anima.
Mese: ottobre 2017
Si, vedersi subito
Si, subito. Vedersi subito, in punta di piedi.
Appena spont’ ‘o sole. O accumpar’ a luna.
Vedersi col desiderio che monta furioso.
Immaginarsi insieme già mentre si corre.
Scavalcare gli ostacoli e le montagne.
Fare il solletico al cuore smanioso.
E sorridere.
Si, subito.
La poesia
Camminare sul ponte mentre l’acqua del fiume scivola senza rumore l’anima sognante.
Nel silenzio del pomeriggio l’acqua di mare balugina cangiante nelle mani carezzevoli.
La poesia non ancora scritta è quella più inseguita, agognata e misteriosa. E’ la poesia che piacerà molto agli altri e parlerà alla parte più profonda di sé. A squarciare il buio.
Le luci, le ombre e i colori respirano
Gli batte il cuore. Guardano senza vedere.
Il sangue pulsa di strette emozioni slegate.
Luci e ombre corrono tra gli amori nascosti.
Gli trema la carne. Piangono senza lacrime.
Il pavimento è umido. Urla spinte nel fondo.
Il dolore insaccato come un dipinto.
I baci invisibili di sposi senza le fedi.
I giovani venti ballano fino all’alba.
Il risveglio una tavola da sparecchiare.
Si cammini negli affanni dei respiri.
Negli specchi retrovisori la realtà.
La fine del giorno non porta requie.
Cuori fissi, innamoramento, baci di legno
Dicono che il nostro amore sia tenuto ma anche mosso da tenaci febbricitanti fili sottili. Pensavamo che fossero d’acciaio, invece abbiamo scoperto essere di carne umana che se non ben alimentata s’incrosta e arrugginisce sotto la pioggia, sul greto di un fiume, nei soffi iperbolici della salsedine. Noi siamo Tiziana e Renato e di noi dicono che siamo fissi nel cuore e negli sguardi. Gli occhi grandi e immoti eppure così delicatamente emotivi. E il colore, che imprimono tutt’intorno come se fossero innamorati al primo bacio, è blu, di quel blu che senza nessuna ragione tocca intimamente le parole silenziose dell’anima.E i nostri nasi sono nell’aria che respiriamo senza ansimare. Il nostro amore è immortale che si rinnova nell’aggiusto e nella manutenzione. Il collo di entrambi è unito alla testa da un appoggio di ganci appena visibili. Dicono che siamo mossi da fili che gli altri non vedono. Le nostre orecchie sono attente al silenzio e le parole vibrano nell’oscurità. I nostri vestiti sono aderenti e colorati. E i nostri arti e l’intera figura rimangono sempre tali. I movimenti quasi sempre a scatti bruciano emozioni nelle sere calde di luci e stelle. E i nostri giorni sono canzoni, silenziosi ricami, voci che agitano il palcoscenico. Il nostro legame che noi ostinatamente chiamiamo amore si nutre di baci; baci di legno colorato.
Aspiett’
T’assiett’ ‘npont’o liett’ e aspiett’. Tiene ‘o core chin’e speranze e aspiett’.
Staie a riva ‘e mare, ncopp’e scoglie e aspiett’. Tieni ombrell’ apiert’ e aspiett’.
Te si assettata dint’a stu locale c’o fondale scuro e aspiett’. Bevi ‘o cafè(o il the?) e aspiett’.
Staie penzierosa e aspiett’. Tien’ ‘ capille luongh e nire e aspiett’. E a cammisa scullata e aspiett’. Forse ll’ommo tuio è partuto. Oppure he saputo ca nun torna cchiù. Si ‘ncint’?
Abbascio ‘o molo femmene, uommene, criature e aspettan’ ‘o vapore pe’ partì e aspettan’.
T’assiett’ ‘npont’o liett’
e aspiett’.
Tieni ‘o core chin’e speranze
e aspiett’.
T’affacce ‘o balcone
e aspiett’.
‘Nzierr ‘o core dint’o scuro
e aspiett’.
Te lave ‘e mmane
e aspiett’.
Te vieste p’ascì
e aspiett’.
‘O sole s’è scetato
e aspiett’.
‘A luna è scumparuta
e aspiett’.
Tuorn’a casa,
nun riesc’ a durmì,
e aspiett’.
E a modo tuo,
dint’e penziere.
pria ‘o dio d’a sciorta
e aspiett’.
‘O tiempo adda passà
e aspiett’.
E tu poeta sient’
‘e pparole carnale d’e nnammurat’
e chelli scurnose ‘e ll’ingenuità,
forse,
solo accussì
se salva ‘o munno.
E aspiett’.
Forse.
Donne in attesa dell’amore, imprigionate da noia, lacrime, pensieri nascosti, forse osé, di stramacchia e bui, bislacchi, ridicoli e di guazzabugli di colori pazzi.
Nel silenzio aspetto. Oggi c’è il sole. La notte è ancora lontana. E tu rimani ossessione.
I colori come righe squadrano il mio viso. L’anima è più giù, in basso. Risorgo nei fiori.
Languidi i miei occhi. La mia bocca aspetta te. Tutto il mio viso sognante corre nel vento.
Mi raccolgo nella preghiera delle lettura. Distesa viaggio nel tuo cuore errabondo. Sono una cosa sola. La mia testa, i capelli sul cuscino è il bosco che mi accoglie nei suoi colori.
Svestita di me. E di te. Non sento freddo. Il sole è nato da poco. Noi due già siamo lontani. Ti aspetto sempre. Sei tu a dettare i giorni e le ore della mia vita. Ecco a cosa si è ridotta.
Donna con copricapo e mantellina bianche che apprezza la porta finestra ben pulita. Un lieve sorriso attorno alle labbra e negli occhi le è comparso sulle labbra che tacciono.
Donna giovane dal culo portentoso e ricco di musicalità, mai solitario ma pregno di sé. Il telefonino squilla di continuo. Marianna sente la vita esplodere attorno a sé: è contenta.
Donna al balcone che si distrae dalle faccende di casa e scruta vicolo, piazza e orizzonte. La linea la porta lontano nei ricordi a quando sua suocera la sconsigliò di sposare Vito.
Donna bionda che sposta leggermente la tenda verde. Forse, senza volerlo, nasconde stupore e ferita tra le labbra serrate e il candido petto in tumulto, le gote imporporate.
Ritratti. Sono Antonio dai capelli neri
I miei vestiti, la camicia azzurra. I pantaloni con le tasche orizzontali che trovo eleganti. Ho i capelli e gli occhi neri come mia madre. Di mio padre ho preso le gambe lunghe e le labbra carnose. Anche il naso probabilmente. Mia madre sono anni che è andata via o meglio, fu mio padre a cacciarla di casa. Però non ho mia saputo perché. Da poco ho finto il terzo anno dell’istituto professionale. Ci sono sia ragazzi che ragazze. Forse ho capito perché mio padre mise alla porta mia madre. Anch’io mi sono innamorato, precisamente di Grazia e siamo anche usciti insieme più di una volta. Poi si è messo in mezzo Giulio del quarto anno. Ed è per questo che quando per strada la intravedo da lontano, cerco di cambiare strada. Giulio parla spesso fuori dall’istituto tra un capannello e l’altro e devo dire che è simpatico e su certe cose la pensiamo allo stesso modo, ma su Grazia no.
Ritratti. Io sono il piccolo di cuculo e mi chiamano figlio di puttana, di zoccola e di grandissima troia. E bottana industriale. Il perché,mentre mi nutrono,mi è oscuro.
Ecco l’intruso, cioè io, l’uovo(con sorpresa …voi umani dite sorpresa di Pasqua quando mi schiuderò) con più macchioline scure rispetto agli altri quattro. Sono … ironia della sorte il figlio …. dell gallina bianca. Mi vine da ridere … ma, sono in attesa … dei vermetti.
Piccoli di cornacchia tutti grigi con l’intruso a destra del piccolo di cuculo che si distingue per il piumaggio e le macchie bianche: praticamente un parassita e un opportunista.
Qui invece sono bello pasciuto e soddisfatto del mio piumaggio lucido e morbido.
Forse è un po’ piccolo questo mio nido in cui sto crescendo … però spalanco le rosse fauci.
Io sono il piccolo di cuculo e di me dicono, specie gli esseri umani, che sono un figlio di puttana e che mia madre sia una vaiassona. Mi chiamano così non perché mia madre sia una zoccola che si chiava tutti i maschi della sua specie. Dicono che lei sia una troia a tutto tondo ma anche a tutto spigolo e anche a tutto ramo per il fatto che attua uno stratagemma molto semplice ed efficacia per almeno due motivi principali e personalissimi:)Godersi la vita senza costruire un proprio nido in cui deporre le uova, covarle, e poi, sfacchinare avanti e indietro, di qua e di là in cerca di insetti e vermi per nutrire la propria prole con le fauci sempre spalancate e ingorde;2)A nutrire i propri pargoletti ci pensando le altre coppie di uccelli che quella grande zoccola della cucula che al momento di deporre le uova, sbologna, butta giù quelli della coppia che ha costruito il nido e deposte le proprie uova. La coppia che ha deposta le uova è praticamente ingannata al cento per cento … e mai che gli venisse un dubbio vedendo quel grosso uccellaccio nel loro piccolissimo nido colonizzato dalla puttana cuculessa.
In tal modo il risultato è praticamente doppio, altro che la formica e la cicala. Ma tra voi umani come stanno le cose in cui mia madre, mio padre e io siamo protagonisti?
Ritratti. Le cose di Riccardo e Matilde
Le cose in amore e anche in punto di morte non sono mai interamente le cose:sono tali solo in apparenza. Matilde, la moglie di Riccardo Staglia, a detta di tutti una brava donna, tra l’altro sempre fedele, quel giovedì … giaceva nel letto di morte. E mentre lui, forse afflitto, riceveva le condoglianze da parenti e amici, pensava a Vittoria, l’amante giovane e al regalo che le aveva fatto il giorno del funerale di Matilde e come non pagare i lavori di ristrutturazione di casa sua che la ditta di don Vincenzo P. aveva concluso. Le cose, si.