Immagina la neve che cade da quel cielo che non si vede.
In altri momenti è pioggia, fitta, o leggerissima.
E cadono le foglie. E i sospiri. Le vicinanze.
Cadono (invisibili) gli eserciti sparsi.
Sono singoli e marciano insieme, anche se camminano:
li chiamano umanità.
Immagina la neve che cade come l’acqua che scroscia.
Una foglia ormai stanca. Una madre in lacrime. Sua figlia.
E la solitudine dei respiri braccati come animali da preda.
Il fiume di ghiaccio pietrificato dentro il corpo.
Che nella ruvidezza spartana sono inflessibili.
Ecco, sono pensieri che affollano e diradano il paesaggio.
Ciao, la poesia è indescrivibile, come l’altra appena sotto, ma devo chiederti una cosa. Mi hai chiamata “Ire”: ci conosciamo già, magari sotto altri nickname? Ho questo dubbio.
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No, non ci conosciamo. Ti ho chiamato Ire solo perché mi è piaciuto. Grazie assai per i complimenti. Ciao
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Okay, allora niente. Dubbio dissolto! Il fatto è che mi chiamano “Ire” altre persone, conosciute in diverse piattaforme, alcune delle quali sono/erano brave almeno quanto te a creare versi, secondo la mia fallibile opinione. Ciao, a presto.
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La consonante tra le due vocali crea scompiglio, forse per questo ho scelto Ire. E poi sei gran poetessa perché usi le parole come aderenze di vita. E continuerò a chiamarti Ire.
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Accordato, per quanto riguarda “Ire”. Grazie per il complimento.
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Grazie a te, Ire.
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:-*
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Mi è piaciuta!
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Contentissimo, grazie.
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È un piacere ^_^
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Un piacere di mondi poetici e visioni che le parole sanno disincagliare. Un sorriso. E grazie. Ciao
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