Claude Monet
La mia prima autobiografia l’ho scritta alla mia maniera, farfugliando, dislessico e tutto quanto, compreso lentezza e ritardo e il chiudersi a riccio senza essere un riccio né di terra né di mare.
Ma tutti vedono che da ambo i lati non sei un riccio dal momento che non hai gli aculei e diventi una palla perché ti sei chiuso, mò ce vo’, ti sei chiuso a riccio.
Infatti, all’oratorio sedevo quasi sulla linea di bordo campo e guardavo, in silenzio, gli altri ragazzi che correvano dietro al pallone e il pallone, con quella sua forza irresistibile di cranio pelato o fatto di pezzi di stracci, pareva fosse il pifferaio, il piffero e il suono allegretto.
E perciò tutti i ragazzi dietro al pallone pifferaio che suonava come se fosse tutto una festa senza chiedersi che ora è che quando giochiamo non ci accorgiamo di come passa il tempo e continuando a chiederci niente di niente un po’ come la cicala e la formica.
No! la formica no!) o Lucignolo e Pinocchio che questo nome Pinocchio non lo conoscevo perché mamma non mi leggeva il libro che dentro ci stava Pinocchio e che Pinocchio che correre dietro alle fantasticherie, lui e Lucignolo crescevano che poi non conseguivano né la licenza elementare, né media inferiore né il diploma delle scuole superiori che il pezzo di carta serve, eccome, ma quando la gatta non arriva a prendere il lardo dice che puzza, il lardo.
Che se metti un poco di lardo tagliuzzato e fatto soffriggere e ci butti i fagioli e poi la pasta mischiata, sicuro che è un primo piatto povero, però saporito
Il fatto è che, senza che lo volessi, il progetto dell’autobiografia iniziò molto presto e spesso a mia insaputa.In certe cose l’età conta e non conta. Anche se l’autobiografia mi hanno detto che si scrive quasi quando uno sta sul letto di morte con un bel po’ di anni sul groppone. Però a quel tempo, anche se l’acqua era poca e la papera non galleggiava, ma ero all’oscuro di questo fatto della papera e dell’acqua, che l’acqua è un elemento importante in natura perché quando l’acqua è poca succedono le guerre che fanno i morti, i feriti e i reduci che sono talmente reduci che hanno tutti il cervello che non si capisce dove sta.
Mi ricordo che ero così piccolo che anche un cane come Giggione sfotteva facendomi cadere col culo per terra. Comunque, nonostante Giggione e tutto quanto, la prima autobiografia l’ho scritta che avevo quattro anni. So bene che non mi credete, perché anch’io non so proprio come ho fatto tra i tre e i quattro anni, a scrivere la mia autobiografia redatta e autorizzata da me stesso.
A volte, anzi spesso, per il fatto dell’autobiografia, mi guardavo allo specchio e dicevo: – Boh! -, nel senso anche di meraviglia e paura; insomma, una cosa da spaventarmi a morte.
Da farmi fare dei passi indietro, così su due piedi al passato. Però, dicevo, a volte lo faccio per generosità verso me stesso. Il mondo, gli uomini hanno la mano tirata e allora, l’abbondanza ce la faccio da me. Anche se io verso me stesso non sono molto generoso. Si, a volte quando penso a certe nuvole che dopo la pioggia sorridevano, le chiamavo per nome, come le donne che conoscevo man mano nel tempo. Che strano, mi dicevo. Che strano che Mi ricordo non parla mai del presente, qui e ora, e, del futuro che il futuro è la finestra sull’avvenire.
Certo, sembra una cosa logica. E come per magia compaiono e immagini che poi volano.