Da ieri e oggi rileggo dal libro Racconti La metamorfosi di Kafka nell’edizione Universale Economica Feltrinelli e, con mio stupore e curiosità, a inizio di pagina 103 leggo: |…|Dal quel giorno non tralasciò mai, mattina e sera, di socchiudere la porta e di dare un’occhiata a Gregorio. Le prime volte cercava d’attirarlo con richiami che dovevano sembrarle affettuosi come: “Fatti avanti, vecchio scarafone!” oppure:”Guarda il vecchio scarafone!” A tali inviti, Gregorio non rispondeva, ma restava, immobile, come se nessuno fosse entrato. |…| Cosa mi ha colpito e incuriosito? Sono napoletano e di questi tizi dalla corazza nera con zampette e antenne ne ho visti tanti (e mangiato anche uno, ma senza beccarmi la zoonosi, quando si dice la voglia di vivere) sgambettare nei vicoli rasente i muri o nelle vicinanze delle fogne o nelle case fatiscenti, negli scantinati e nei palazzi sgarrupati dove da bambino andavo a giocare ma praticamente a rischiare la vita a cercare fantasmi, sreghe e un ipotetico It, ma questa è un’altra storia che semmai scriverò da qualche altra parte. La parola che mi ha assai incuriosito è: scarafone. Tra l’altro c’è anche una canzone di Pino Daniele che si chiama proprio accussì,’O scarrafone. E noi a Napoli da sempre, scherzosamente, parlando di bambini nu poco scurfanielli, usiamo dire:”Ogni scarrafone è bello a mamma soja”. Noi adoperiamo quel termine con due erre, mentre nel libro è riportato con una sola r. In italiano non viene usato il termine scarafone, ma scarafaggio. Così vado a leggere chi è il traduttore del libro dal tedesco e trovo scritto, Giorgio Zampa. Forse c’è un legame tra il traduttore dello scarafone kafkiano del libro e ‘o scarrafone d’e mamme napulitane e di Pino Daniele? Come dice il poeta lo scopriremo solo vivendo con visionarietà la (nostra singolare multipla) esistenza.
Mese: aprile 2020
Una delle sproporzioni della condizione umana conduce sullo stesso binario della non vita, della non coscienza di sè, del cielo che non è, del non riconoscersi mai e delle labbra senza volto nel calco dei colori. E così l’inverosimile creatura trasmigra adattandosi con ali scure e rimembranze; e così la mani in secco, a trattenere occhi senza più lacrime.
Le mani le zampe cricche in evoluzione rami arrampicanti innervati di scorie d’un agire dei postulanti umani gli organi infiammati.
“Gli faceva male il cuore per la voglia che aveva di lei”, scrisse lo scrittore Bernard Malamud nel suo primo romanzo, Il migliore. PS: Si sa che nei romanzi gli scrittori dietro i personaggi vanno sempre fuori di testa come i bambini che non smetterebbero mai di giocare finchè non crollano esausti. E nella vita realistica? direte voi. Be’, lì, fanno di peggio: barcollano come statue inebriate.
John Singer Sargent
Dentro te la lontananza è come il vento: urla come un grido di silenzio. Laggiù si parla d’amore come le allodole in volo. E se piove o splende il sole, non si parla d’altro che di mondi precipitati e della luna che mostra l’altro lato.
Quando sono morto c’era nell’aria come un frinire d’anime come un alzarsi e abbassarsi a strappare nuvole sotto i passi.
Manet
Quando e se scriverai un romanzo sono i personaggi che decidono chi sono e cosa dire. Tu che scrivi sei di passaggio come il tempo della tua vita. E si ricorderanno di te quando qualcuno aprirà il libro che non hai mai scritto.
Aldo Tambellini
Sono Santino e lei è Titina, però, anche se non tiene le scarpe, non piage mai: “Sono inutili” ha detto. “Poi che me ne faccio?” dice. Una la tiene, l’altra l’ha buttata, poi ha tagliato anche quella che ha calzata solo per un’ora. E’ successo quella volta che la parrocchia gliele ha regalate. “E’ uno spreco” ha detto. Meglio una veste, un piatto da mangiare. Ora è secca secca come la mazza di una scopa.
Sto morendo ma da quando viene Cippino il mio cuore è grande come un campo di grano. E per Cip raccolgo briciole di anime erranti quando le stelle e i gatti fanno le fusa.