Pierferdinando è un tipo sorridente e pure a una camba è zoppo fin da bambino. Nessuno di noi gli ha chiesto cosa gli è successo. E poi non ne parla. Così nessuno di noi si mette a rompere le scatole alle semmenzelle. Un pomeriggio mi invitò a casa sua, forse perchè sono il capoclasse, uno che parla al momento giusto e anche simpatico nelle mie scorribande di giochi e scherzi e accettai con noncuranza e spavalderia come se fossi portatore di chissà cosa. Abitava a centocinquanta metri dalla scuola che di mattina per arrivarci era in salita e all’uscita di scuola per ritornare a casa era in discesa. Quella strada e il palazzo antico li conoscevo perché ci passavo quando andava a piazza Dante svoltando a sinistra e lungo via Toledo prendendo a destra. Quando arrivai sulla porta di casa sua prima di bussare mi accertai del cognome Sollemi di Pier che non mi suonava nuovo: da qualche parte già l’avevo sentito pronunciare, ma adesso ero solo preso dal suono del campanello. Ad aprirmi venne una ragazza: chissà perchè non me l’aspettavo, ma non c’erano motivi che pensassi una cosa del genere e la mia sorpresa divenne più grande; lei fece stracolpo dentro di me. Subito dopo accorse Pier con la sua tipica andatura e sorridendomi disse:”Ti piace mia sorella Tilde vero?” Certo che mi piaceva, aveva capelli chiari e occhi azzurri e il viso per quanto bellissimo emanava calore, tanto da scotarsi.
Coninua.