1.Aspattare

Hopper
Sei la maschera del cinema e quello di accompagnare coloro che vengono in sala è il tuo lavoro. Nulla da eccepire. Però, aspetti. E tra coloro che aspetti, ci sono io. E non sono il tuo lavoro. Indossi un vestito lungo, completamente blu che ai lati, verticalmente, ha una sottile striscia rossa ai fianchi che parte dal giro vita fino a giù. Hai i capelli, frangetta e appena piegati sulle spalle. Il vestito non nasconde le tue forme. Sei snella e questo accresce l’armonia. Hai scarpe aperte, nere e tacchi medi. Alle tue spalle tre lumi le cui luci calde corrono sulla parete a cui sei appoggiata. Fletti il viso verso il basso in una posa pensosa. Hai il braccio destro piegato e la mano sotto il mento, mentre l’altra mano, piegata tra stomaco e pancia, regge il gomito, disegnando forse un dubbio che tormenta. Sulla destra, di poco, accanto a te, una tenda rossa, aperta in mezzo per lasciar passare chi scende le scale che portano nella sala. Ci sono quasi tutte le poltroncine libere. La sala all’interno è bella e accogliente, anche se appesantite da una colonna e una sorta di baldacchini giù in fondo. Le luci in basso sono soffuse, più chiare in alto. La giovane maschera aspetta in una sorte di religioso silenzio. E non può parlare. Tace. E aspetta.
2. Mi diceva, Aspetta

Mi dicevi Aspetta come se non lo avessi mai fatto. Ed eccomi che aspetto ancora. Accanto a me non ci sei. Alle mie spalle il letto sfatto. E in verità non so se è il tuo o il mio. Dove sei? Io sono qui. E mi rasserena, se così posso dire, la nicotina della sigaretta che sto fumando. Il mio vestito è leggero e rosa. Dicevi che è il colore che si sposa alla mia pelle. Sono qui al centro della stanza e da fuori, dalla finestra aperta non giungono né rumori né voci dalla strada. La tendina alla mia sinistra, quella che il vento agita e più in là, distanza che non smuove il fumo della sigaretta che ho nelle dita della mano destra. E non agita nemmeno il mio vestito a campana appena sotto le ginocchia. Mi reggo su una gamba sola, l’altra è a supporto, nel caso dovessi sbandare o muovermi d’improvviso. Ho i capelli lunghi raccolti all’indietro, ma sono in ombra. La mia faccia no, è illuminata. L’albero che si vede dalla finestra alle mie spalle è immobile, il vento non agita foglia. Immota è la mia ombra fianco a fianco a me, l’unico soggetto a farmi compagnia.
3. Nel prato in fiore

Felice Casorati
Beata dal cuore tenero, ti assenti nel sonno profondo di una farfalla, intesi i colori. Sul cuscino il collo, gli occhi chiusi e profondi, la spalla destra a reggere il peso del sogno. Da sopra il viola e blu dell’uva, le foglie verdi larghe e quelle scure, di marrone l’addio. Tu distesa su un fianco ginocchia e piedi in raccolta e il brulichio delle piccole facce dei fiori. Sono intenti a parlarsi sotto voce senza svegliare la donna lei stessa col vestito intonato. Lo sguardo è in pace:gli occhi chiusi e così e labbra in cui risalta il rosso nel viso paglino. La mano sinistra schiera le cinque dita sul prato come a fortificarsi. La mano destra sbuca da sotto il braccio nascosta dal fianco e tiene tra le dita l’oggetto di un ricordo. O la mela dal desiderio vermiglio. I capelli cadono all’indietro oltre il collo. E un orecchino tondo a guardia della grazia e, all’assenza, che solitaria giganteggia il prato.
4. Giovane donna in attesa.

Vermeer
Una giovane donna con cappello a falda larga indossa un vestito dal colore celestino che rafforza l’intima trasparenza. E’ estate e il sole pennella di giallo e di fuoco le strade. La donna è sull’ultimo gradino di un palazzo che prima dell’ingresso ha due colonne laterali e su quella alla sua destra poggia la mano e fa aderire l’avambraccio come a rafforzare la sua posa che ha un che di maestoso. Alla destra della giovane c’è una finestra aperta e buia con la tendine svolazzante risucchiata verso l’interno buio di una stanza aperta, anch’essa dello stesso colore del vestito della donna. Anche il colore del palazzo, delle colonne, dei gradini e della strada si avvicinano alla tendina e al colore del vestito della giovane, in certe parti sono si usurati ma tendono al grigio. Sulle quattro scale giace l’ombra dell’unica figura umana. Ha i capelli rossi che le cadono appena sulle spalle per rifluire all’indietro. I seni sono piccoli ma sodi, si vedono i capezzoli induriti dal vento. Bocca carnosa, pittate col rosso, naso dritto e occhi in ombra che guardano avanti forse in attesa di una schiarita che tarda a manifestarsi. La gambe sono forti, partano dalle caviglie come di piedi pronti a slanciarsi. Calza scarpe nere con tacchi medi. La mano sinistra semicoperta dal vestito è posta lungo la gamba. Rimbomba l’assenza di parole.