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Così soccombette, vittima di una folle passione, il povero Piskarev; tranquillo, timido, modesto, ingenuo come un bimbo, portava in sé una scintilla di talento che forse col tempo sarebbe divampata in un’ampia fiamma luminosa. Nessuno pianse su di lui:non si vide nessuno accanto al suo corpo esanime, eccetto la solita figura del commissario di quartiere e la faccia indifferente del medico municipale. La sua bara, in silenzio e senza nemmeno la cerimonia religiosa, fu portata a Ochtà; dietro di essa, pianse pianse soltanto un soldato addetto alla sorveglianza solo perché aveva bevuto una bottiglia di vodka in più. Neppure il tenente Pirogov venne a vedere il cadavere del povero infelice, al quale in vita aveva concesso la sua alta protezione. Del resto, aveva altro da fare: era impegnato in un avvenimento straordinario. Ma torniamo a lui. -Non mi piacciono i cadaveri e i defunti e provo sempre dispiacere quando il mio cammino viene attraversato da una lunga processione funebre e un soldato invalido, vestito come un cappuccino, con la mano sinistra fiuta il tabacco perché la destra è impegnata a portare la fiaccola. Nell’animo mio sento sempre dispetto vedendo un ricco catafalco e una bara ricoperta di velluto; ma il mio dispetto si confonde con la tristezza quando vedo un carrettiere portare la bara rossa di un povero, priva di addobbi, e solo una mendicante qualsiasi, che l’ha incontrata a un crocevia, le si trascina dietro, non avendo altro da fare.
Nikolaj Gogol’ Racconti di Pietroburgo(Oscar Mondadori pag. 45,46.)