I terremoti non hanno confini così il cielo i suoi colori il vento l’aria di montagne e colline e la stupidità dell’uomo al potere i passi i sogni chiusi le mani le grida ombre le vane speranze.

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L’amore o quella roba lì. L’amore uno scrigno pieno di gioielli da cui spesso esce fuori It. Però, dai, viva la parte più migliore e più bella. Quando finisce un amore si dovrebbe gioire piuttosto che ammazzare. L’amore non finisce, alligna.

‘O Guaglione, ‘o strummolo, ‘a porta appannata, ‘o penziero ‘e ll’ammor. Maria ‘a matina se sceta e scatta ‘a fotografia. Maria è carnale: forse nu suono, nu velo, na fata, na freva.

Ogni storia lontana vicina fulgida così astrale.

Marò! stammatin’ tengo ‘a panzella ‘nturzata.

Quello che si distigueva bene era la mano ossuta e dalle dita lunghe come artigli di rapace. Il resto era ombra fra le pareti del passato e il presente.

Noir. Laura ha quel maledetto fascino(ma il fascino è l’origine della soppressione o il senso proprietario su una donna e ancor prima sugli animali?) di cui gli uomini non riescono a sottrarsi fra luce, foschia e oscurità. E così Lino pensava del mistero. Laura sembrava svelarsi, poi bastava uno sguardo, il sorriso astratto di perla, cangiante e di nuovo trattabile e poi, sfuggente.

Del quadro d’insieme appena un particolare di grandezza spropositata. Negli occhi la maestria.

Immaginate Miriam. A vederla direste che non è lei. Ero lì e posso dirlo con certezza. Adesso è suora come quelle poche altre, ma col rosario in oro e le unghie laccate di rosso. Le ciglia nere. E le labbra piene, naso e mento scultorei. I pensieri miei e degli amici a seguirla con rapito ardore. E carezzarla. Pregare in ginocchio nella trance dell’estasi. Marò, corro subito a me fa prevet’.

Quando si dice che cane e “padrone” si somiglino Ecco l’intensità negli occhi di sguardi accorati e la lontananza-vicinanza che scotta nei cuori altrove.