Il bacio nella fuga e nella lotta una vampa

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‘Nu vas’ doce, azzeccuso e appassiunat’, simmo arrivati e già fujenn’: ‘o vas’ e ll’ amante.

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‘Nu vas’ janc, niro e rosso fuoco d’e rrose; ‘o vaso ca trase dint’e vene e mischia ‘a carne.

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Vas’ dint’a ‘na cancellata, nu muro ci divide, i colori ci chiamano, così i limoni e la storia d’amore di un libro aperto.

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Giulietta e Romeo il balcone, la storia d’amore che tutti conoscono:oh,Giulietta, Giulietta.

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Il bacio che muta nei colori. Il bacio che suggella. Il bacio che nutre e rafforza gli amanti.

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Il bacio moderno arriva veloce: squassa fuoco e corpo, e corrono le nuvole grige gli occhi.

Il bacio nella fuga e nella lotta una vampa

L’interpretazione dei sogni

 

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L’interpretazione dei sogni è roba

vecchiotta nacque tanto tempo fa.

L’interpretazione dei sogni è un tram

che fila via a gran velocità i passi lenti.

L’interpretazione dei sogni è sapone naif

a dir poco sfuggenti un pugno di mosche

alla bocca dello stomaco in disordine.

L’interpretazione dei sogni non è un film

né teatro o scene mirabili o di strada.

L’interpretazione dei sogni sforna miraggi

resta a te farne una cernita di pepite nere.

L’interpretazione dei sogni è acqua di pioggia.

E non c’è trucco e non c’è inganno solo quadri

che tu non hai mai messo sulla tela dell’oblio.

L’interpretazione dei sogni non hanno a che fare

nulla con il gioco delle carte geografiche e l’argento.

L’interpretazione dei sogni  è un cassapanca vuota.

L’interpretazione dei sogni è la strada verso casa

svoltato l’angolo dell’ignoto materiale dei sensi.

L’interpretazione dei sogni

‘O bradipo ninnillo piccirillo

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Tenerezza e innocenza. La creatura che non ha difese. Lui, ignaro del pericolo, si affida al mondo in cui è immerso.Chi lo nutrirà e difenderà? E se mancasse colei che lo nutre? Un facile boccone.

Marò, ma vuje ‘o vedite a chisto? guardate comm’è bellillo ‘o bradipo piccirillo ‘e latte. Ci sta chi dice che ‘o pradipo piccilrillo è brutto comm’a mamma e ‘o pate, ma ‘o munno esiste pecché tiene animali di molte specie … Peccato che un bradipo non posso crescerlo, ma se è per quesro terrei nella mia casa anche un cavallo, o un lupo e … ma è meglio lasciarli nel loro habitat, anche se l’essere umano quel loro habitat lo sta limitando sempre più … poi dicono che gli animali aggrediscono l’uomo … se gli animali potessero parlare sai quante ce ne direbbero … e non certo per dieltto e dialettica o sfizio oratorio … ma l’uomo si sa, ha ammaestrao tutti gli animali privandoli della loro anima, certo gli animali non hanno l’anima come l’uomo, ma l’anima degli animali non è come l’anima dell’uomo … l’anima animale è il suo territorio, la libertà di vivere e muoversi quando sorge l’alba fino a …

Tiè, ninnillo. pigliatell’ sti vasille azzeccusielli. Mamma toja permettenn’… ‘a paura mia è che lei dopo che ti ho preso tra le mani e in braccio possa rifiutarti; ecco, non me lo perdonerai mai. E poi ogni scarrafone è bello a mamma soja.

‘O bradipo ninnillo piccirillo

L’orecchio nella vita quotidiana

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Se si va a nuotare in piscina ci si può ammalarsi di un otite (esterna) che è una delle infezioni che si possono imbarcare quando la si frequenta per praticare nuoto. A me capitò qualche anno fa e me ne accorsi perché al mattino il cuscino macchiato di sangue oltre al fastidio e al dolore pulsante. Andai in un ambulatorio e il medico mi prescrisse delle gocce e dopo qualche giorno iniziò la mia guarigione, o per meglio dire la guarigione del mio orecchio sinistro con cui, tra l’altro, ebbi degli scontri verbali abbastanza duri. Insomma io sostenevo che lui poteva benissimo ammalarsi prima di partire per le vacanze estive, ovvero quando eravamo in città e sapevo a chi rivolgermi. Lui invece sosteneva che non era colpa sua, ma dell’acqua infetta del mare. Andammo vanti per giorni a rinfacciarci le rispettive mancanze, poi alla fine della cura ognuno per la sua strada. Comunque il medico mi disse che sia durante il periodo della cura sia dopo non potevo tuffarmi in mare. Ancora oggi io e il mio orecchio spesso litighiamo ancora, anche se per fortuna, lui non si è più ammalato. Il guaio di questi nostri organi o parti del corpo, quando essi si ammalano, chi paga in tutto e per tutto, siamo noi possessori di queste parti anatomiche. Secondo me il rapporto tra noi e i nostri organi interni ed esterni è alquanto sbilanciato e la democrazia va a farsi benedire. Sicché loro si ammalano e poi noi, in tutta fretta e presi dall’ansia, dobbiamo subito rimediare: telefona lì, prendi appuntamento, vai dal medico, fatti sottoporre alla visita, paga, vai in farmacia e compra tutto l’occorrente e i medicinali: che vita da cani. Per non dire poi se bisogna andare in ospedale, una vera terribile odissea e tu che stai lì in balia dei vampiri.

L’orecchio nella vita quotidiana

Verrà settembre

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Settembre è il mese in cui muoiono più amori che a novembre. Sarà pure novembre il mese dei morti, settembre però lo sovrasta per le storie che nei giorni ancora di sole senza requie gli occhi e i sorrisi luminosi dei visi e delle labbra s’incontrano senza veli e sensi di colpa e caricati ci si tuffa. E le sere passano intense e veloci e i giorni sono solo minuti e ore brevi. Le parole sanno di zucchero ed entusiasmo come se, quando splende il sole degli ultimi giorni di agosto, tutti s’innamorano. Tutti con entusiasmo adolescente e l’amaro agrodolce dell’ultimo bacio. Settembre è alle porte quando a sera ci si saluta. E tutto appare già ricordo e i messaggini sui telefonini sono ormai luminosi e bugiardi.

Verrà settembre

Quann’ ll’ammore è surd’

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Ll’ammore è surd’ quann’ nunn’ è cosa.
Vide ‘a luna e pienz a essa ca t’ ‘ncatena.
Eppure nun ce stanno canciell’ e catenacc’.

M’addumann’ cher’? Ll’ammore e basta.
E a te nun te basta che essa va’ fujenn’.
Tu e ‘o core tuoi vonn’a essa, ll’ammore.

Ma che t’ha fatto, forse ‘na fattura, sicuro.
E’ proprio pecchesto ca essa nun te guarda.
Eppure ammore chiamma ammore. E tu, core

‘nfame, che faie? te ne jesce che sei sorda.
Nun ce ne pozzo: ll’ammore, tu, proprio tu,
sei sorda: sorda a passione ‘e stù core.

No!

Quann’ ll’ammore è surd’

Stamattina

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Erano due settimane che non la vedevo, ma stamattina ho incontrato casualmente la venticinquenne, si chiama … Annarella, di cui me song’ ‘nnammurat’. Però, per ovvi motivi, aggio fatto a parte indifferente, ma è stata essa ca mi ha rivolto la parola. Mi sono venute le gambe molli e antrasatt’ me song’ addunucchiate ‘nterr’. Annarella si è mossa per venirmi in soccorso e ha detto:- Ma non ti senti bene?- E io pe’ nun dicere ‘a verità, sarebbe a dicere ca essa medesima è ll’ammore mio, almeno in questo periodo, e redenn’ l’aggio risposta:- No, so sciuliato ncopp’a na scorza ‘e banana.- Essa, ha guaradat’ ‘nterra, e ‘nterra non c’era niente, era talmente pulito ca ‘nterra ce putive magnà, ma mi ha guardato e si è messa a ridere. E lei quando ride, m’accire cinche vote ‘a salute, e sapite ‘o pecché? pecché è ancora cchiù attraente, luminosa e bella: ll’uocchie le rideno. Accussì aggio avutata ‘a capa ‘o cavallo e, facenno finta ‘e carè n’ata vota, me ne song’ juto cu ll’uocchie chine e ‘e mmane vacante. Maronna mia, l’avesse accarezzate, abbracciat e abbuffate ‘e vase. Ma comm’ l’auciello ‘nnammurat’, ca canta p’a gioia o ‘a pucundria, me fosse accuntentato ‘e nu vaso piccirillo…ma po’ se sap’: i baci, so’ cerase nun saziano mai.

Stamattina

Follia pubblica e privata

Follia di corpi, follia amorosa, follia amorosa spesso tragica, follia amorosa la testa tra le nuvole. Follia presenza assenza oggi e domani. Follia o due binari fermi all’infinito.

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La follia o prigionia o quadro di porte che si spalancano e entrano nello stretto infinito.

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Il folle pittore ripreso nella campagna, il prato verde, un uccello nero vola nell’azzurro.

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Facce nel vento diroccato della follia che alberga nell’artista più che maledetto storpiato.

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Follia di volti, facce, occhi, nasi, labbra, orecchi, sguardi storti che guardano nel’oscurità.

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La follia che si svela e si manifesta attraverso l’arte della normalità obnubilata che tonfa.

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Il ricordo è il niente di essere venuti al mondo … basta poco … e quel poco divenire ricordo perduto nelle braccia della propria anima … e quando si arriva in fondo all’attimo il micro momento dell’attimo … brucia sulla pelle ormai deflagrata.

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La follia alberga nella normalità. Teniamo a distanza chi ne porte le stimmate. La follia si copre e ha i suoi travisamenti. Le scarpe lucidate, i capelli a posto e i vestiti in ordine. Ci sono sempre quelle parole che si nascondono negli sguardi e cadono a metà come fossero dei saltimbanchi. Qualcuna guizza come pesci nella rete e altre mutano colore. C’è quell’amore dichiarato e sperticato. Il trionfo delle belle maniere ben educate. Risate come risacche pronte a slarghi di vortici. Timbrare il giorno dell’affettività. E staccare le ombre dalle facciate degli antichi edifici ristrutturati come se la mancia fosse miracolo. La follia ha le gambe lunghe e l’anima un campo di concentramento in ricordo di te.

Follia pubblica e privata