La Cena in Emmaus della National Gallery, Caravaggio.
Morte della vergine, particolare, Caravaggio.
Canestra di frutta, particolare, Cravaggio.
Giuditta e Oloferne, particolare, Caravaggio.
Lo Scudo con Testa di Medusa, particolare, Caravaggio.
I quadri sono storie in pochissimo spazio eppure dentro le cornici lo stesso spazio abbonda o restringe la nostra visuale interiore. Lo spazio minimo e i colori sono le coordinate in cui l’artista pittore si muove. Egli è una sorte di indagatore ma anche esploratore: con i colori scende nelle profondità. Per quanto mi riguarda, in un quadro, cerco sempre il contatto diretto degli occhi della credulità e della veridicità, ma spesso, paradossalmente, non adopero solo la vista. I quadri dei maestri per noi che non ce ne intendiamo sono il marmo grezzo per Michelangelo. Dobbiamo usare gli occhi e l’istinto come fossero i pennelli e i colori per discernere il filo del discorso silenzioso qual è l’opera di ogni pittore.
Caro Claudio mi sorprende non poco quello di cui ci informi su tuo padre. Conosco quel santo uomo(vabbuò, proprio un santo no) di tuo padre perché spesso ci telefoniamo e qualche volte ci vediamo con le nostre rispettive mogli per assistere a qualche spettacolo, spettacolo sui generis. Ah, adesso che sei anche tu un adulto e vai in giro a fare ‘o fareniello sciupafemmine, posso dirti che io e tuo padre abbiamo una donna in comune o meglio è lei che ci intrattieni entrambi, perché lei dice che ogni donna deve avere almeno o minimo due uomini oltre al marito.
Comunque, penso che tu sia un bugiardo e una gran figlio di vacca anche se conosco tua madre, altra santa donna(oddio, non cimetto di certo la mano sul fuoco: ci tengo alle mie mani dalle dita lunghe e alla loro integrita tattile e prensile, nonché gentili.) Tuo padre a me ha sempre detto che tu da piccolo non facevi che stare davanti al televisore(specie quando avevi tonsillite, la febbre e altre belle scusanti da piccolo bastardo) a guardarti(e consumare) un sacco di dvd cartoni animati(il che è gia diro tutto)tipo Il re leone che quando ruggiva ti cacavi sotto e urlavi la vicinanza di mamma e papà e quall’altro film dove c’è una balenottero che non fa altro che cantare di qua e di là(che c’aveva la voce di Alberto Sordi) come se fosse un napoletano che tutta la giornata non fa che sorridere(o piangere per una qualsiasi contrarietà tipo giocare un terno al lotto e poi prendersela con san Gennaro, mentre tifa p’o Napule strappandosi ‘o cuore npietto pecché ‘o Napule è una via di mezzo tra l’ammor’ pe’ mammà, papà, ‘a fidanzata, ‘a mugliera e pecché no, pure l’amante, cioè chella zoccola di Carmela ca quann’ vere a n’ommo se lo mangia cu ll’uocchie) e anche quell’altro film del toro che non ne vuole sapere di fare il toro allevato e obbligato a scendere nell’arena della corrida. Comunque hai parecchi scheletri nell’armadio, figlio degenere che non sei altro, cioè non solo tuo padre non ti diceva nulla di sera del venerando ma sempre attuale zio Carlo Marx, perché tuo padre o andava a lavoro di notte o preferiva leggere per fatti suoi disteso a letto.
A riprova che hai gli scheletri nell’armadio, a casa tua e chissà in quale altra bettola, c’è un intera colonnina della Ikea strapiena di quei fottutissimi bastardi caroni animati, cioè sei tu che li hai fatti odiare da tuo padre che proclamerei santo anche se si divide tra laicismo e ateismo, pasta alla genovese e ‘na frittur’ ‘e pesce ‘e paranzella. Ah, quasi dimenticavo: tuo padre, quel brav’uomo, ormai assurto a santo prtettore dei padri denigrati dai figli, uesti bastardi dagli occhi cerchiati di sesso e lussuria, in estate ti accompagnava al bar del lido sia a Marina di Camerota, sia a quello di fronte al parco di Diamante e in Sicilia nel campeggio di Clatapiano poco distante dai Giardini di Naxos, perché stravedevi anche per quel bastardo figlio di vacca di Dragon Boll che tra l’altro, anche lui, quell’uomo santo di tuo padre(mi hanno riferito spesso che spesso, fa anche dei piccoli miracoli, forse preso dalla disperazione), era costretto a sorbirsi anche due episdosi per volta. Altro che scheletri, nell’armadio hai un cimitero.
Ritorniamo a riparlare di affitti a Monaco di Baviera: per sempre più persone il primo pensiero della mattina e l’ultimo prima di addormentarsi.
Monaco di Baviera. Nel capoluogo bavarese i costi degli affitti aumentano di anno in anno e non si riesce a far fronte ad una domanda che supera di gran lunga l’offerta del mercato immobiliare. Sempre più persone si trasferiscono in periferia.
Vivere a Monaco significa innanzitutto porsi il problema di avere un’abitazione. Trovare una stanza o un intero appartamento a costi accessibili è impresa ardua per buona parte della popolazione, ovvero stranieri, studenti, pensionati e lavoratori medi. Basti pensare che stime del Mietervereinsrelative all’anno 2017 rilevano che il costo di un fitto al metro quadro, di una nuova costruzione in centro, ammonta in media a 19,65 euro, addirittura quasi il 3,9 % in più rispetto al 2016.
Non è una caso che ogni giorno sempre più persone siano costrette a trasferirsi in periferia (ma sempre all’interno del Landkreis München), o addirittura in altre città limitrofe come Augsburg o Landshut andando incontro alla vita da pendolari nella speranza di ridurre i costi quotidiani. Riportando alcuni dati si può effettivamente constatare di come la situazione affitti migliori fuori Monaco. Una vera e propria eccezione sembra essere rappresentata da Ebersberg (Landkreis), ad est del capoluogo bavarese, dove basterebbero 9.80 euro al metro quadro per aggiudicarsi un appartamento, seppur piccolo.
È la zona di Herrsching (nei pressi dell’aeroporto Strauss) ad essere invece la più cara con 14,00 euro al metro quadro. Tuttavia per quanto si possa spendere meno, ci sono altri aspetti da considerare che incidono ugualmente sulla qualità della vita di chi vive al di fuori del centro. Il fenomeno del pendolarismo ad esempio, che costringe tanti lavoratori a spostarsi quotidianamente, nella maggior parte dei casi con mezzi pubblici, almeno due volte al giorno per raggiungere il posto di lavoro e ritornare a casa.
Monaco è tra le città tedesche con il più alto tasso di pendolari, circa 368.000 persone che ogni giorno viaggiano attraverso il Landkreis improntando la loro vita ad un sacrificio costante che prevede non solo lo stress del normale orario lavorativo ma anche di un ulteriore sforzo legato a tratte lunghe e faticose che costituiscono la quotidianità. Un lavoratore medio spende una buona parte del suo stipendio per l’affitto, che viva nel centro di Monaco o nel cosiddetto Umland. Senza considerare i Nebenkosten, gli abbonamenti altrettanto costosi ai mezzi pubblici.
Dunque quella della casa è solo una delle questioni legate alla realtà socio-economica di qualsiasi città, nel caso di Monaco l’analisi si stringe attorno al problema della crescita futura. Di anno in anno gli abitanti aumentano sempre di più, e nonostante sia evidente il passo veloce dell’economica, trovare una stanza o un piccolo appartamento diventa un lusso che in pochi riescono a permettersi. Dunque trasferirsi in periferia è davvero la soluzione al problema o Monaco è sempre più una città per ricchi?
Il primo passo (in amore)lo fai, ma difficile è confermarsi sul successivi quarto e quinto. Il secondo e il terzo sono incerti, titubanti, timorosi anche se corrosi dalla passione. Poi.
Forse una sera, la panchina, la fioca luce dei lampioni, ombre i passanti e noi: tu e io, soli.
Una sospesa tenerezza infinita,
aritmica, lancinante, dolorosa.
I ricordi, la memoria, il vento.
Sguardi di vita, di morte, di ore
si abbracciano nell’ancora infinito.